Rinfreschiamoci la memoria: Il Jobs Act e quella legge contro i lavoratori.

Rinfreschiamoci la memoria: Il Jobs-Act e quella legge contro i lavoratori.

Sono trascorsi ben 5 anni dalla legge che ha cancellato l’articolo 18 e reso i lavoratori e le lavoratrici, solo pedine da essere usate in contrattazioni fasulle e senza rilevanza sindacale.

Noi, non dimentichiamo.

Dal Jobs-Act è stata varata una Legge che ha tolto il potere ai lavoratori nei confronti dei loro datori lavoro.

Una chiara mossa politica contro la classe operaia, sempre più indebolita al potere datoriale, complici: i sindacati di comodo che non hanno fatto nulla per impedire tale scempio.

Il demansionamento, è legge. In pratica, le norme varate dal Jobs Act hanno interessato una nuova pratica sui luoghi di lavoro riguardo demansionamento.

Stiamo parlando del d.lgs. n. 81/2015 sulla nuova disciplina dei contratti prevista dal Jobs Act che sostituisce anche l’art. 2103 c.c.

A nostro dire: una porcata. I lavoratori e le lavoratrici dovrebbero riprendersi i loro diritti, è inaccettabile che i Governi, anche quelli che si professano “amici del popolo”, tengano ancora in vita una schiforma del genere.

Aver stravolto lo Statuto dei lavoratori, ha messo nelle mani dei datori di lavoro un grandissimo potere: quello di poter cambiare unilateralmente e in piena autonomia le mansioni dei dipendentisenza la necessità di accordi sindacali o apposite previsioni dei contratti collettivi, laddove siano in corso cambiamenti organizzativi.

Al demansionamento, viene anche di seguito la parola dequalificazione, ossia, la perdita del bagaglio professionale raggiunto negli anni per il dequalificare il lavoratore a mansioni inferiori.

Ma attenzione: con la sentenza n° 17/08/2017 n° 20123  depositata in Cassazione civile, sezione lavoro, i giudici esprimono che: anche nel caso in cui risulti provata l’inevitabilità della riorganizzazione aziendale e la necessità di sopprimere la posizione lavorativa, al fine di rendere legittima l’attribuzione al dipendente reintegrato di mansioni inferiori ex art. 2103 cod. civ., deve comunque essere dimostrata l’impossibilità di assegnare a quest’ultimo mansioni equivalenti a quelle in precedenza espletate.

Il ragionamento degli Ermellini si basa sulla considerazione che il lavoratore non può subire gli effetti pregiudizievoli legati alle vicende aziendali che hanno medio tempore coinvolto l’impresa, salvo il caso estremo in cui il riassetto organizzativo sia risultato necessario (ossia non evitabile) e fermo restando l’onere probatorio a carico del datore di lavoro di allegare e dimostrare l’effettiva impossibilità di reimpiegare il dipendente in mansioni alternative equivalenti.

Da ricordare che, la dequalificazione del lavoratore sarebbe quindi legittima qualora costituisca l’unica alternativa possibile al licenziamento; in questo senso, l’attribuzione a mansioni inferiori potrebbe considerarsi giustificata.

Ma cosa comporta una dequalificazione? Oltre alla possibilità della perdita dei diritti retributivi del livello originario, come ad esempio: con la vecchia mansione erano comprese le trasferte e con la nuova no, dietro questo aspetto di vita lavorativa, rientrano dei danni ben più gravi, quali: il deterioramento dello stato psico-fisico del lavoratore dequalificato, soprattutto nei casi dove non vi è una giusta causa nel dequalificare.

La posizione della CUB sulla “CARTA DEI DIRITTI UNIVERSALI DEL LAVORO” E “MODIFICA ART. 18”:

  • Ripristino totale dello Statuto dei Lavoratori nella sua formulazione originaria, perché unica garanzia di dignità e democrazia nei luoghi di lavoro con alcuni piccoli accorgimenti: estensione della tutela “reale” dell’articolo 18 anche alle “piccole imprese”;
  • estensione dell’art. 4 a tutti gli apparecchi tecnologici; limitare l’unilateralità dei trasferimenti.
  • Abolizione dei contratti flessibili superflui.
  • Promulgazione di una legge sulla rappresentanza sindacale veramente democratica, per riconsegnare ai lavoratori la libertà di scegliere quali oo.ss. devono rappresentarli, restituendo di conseguenza rappresentatività anche alla contrattazione collettiva.

Inoltre, in merito al decreto attuativo 158 inerente al Demansionamento:

  • La CUB esprime netta contrarietà al demansionamento previsto dal decreto perché impoverisce i lavoratori sia con mansioni meno qualificate sia con salari più miseri. Deve essere ripristinato l’art. 13 dello statuto dei lavoratori che tutela la professionalità acquisita dal lavoratore conquista non solo giuridica, ma anche di civiltà e non si rispetta il dettato Costituzionale sulla giusta retribuzione. Il possibile declassamento di 1-2 livelli, l’eventuale riduzione del salario e il raddoppio del tempo per il diritto al livello di inquadramento superiore, rendono i lavoratori subalterni, compatibili e coerenti con gli obiettivi dell’impresa.

Continua a far discutere questo enorme conflitto nel mondo del lavoro, poiché, per fare un favore ai padroni è stata lesa la dignità dei lavoratori, purtroppo, c’è da dire che siamo in un paese che molto spesso dimentica il passato, perciò è fondamentale rinfrescarci sempre la memoria, e mettere le basi per riprenderci i nostri diritti.

17 maggio 2020

CUB Campania